venerdì 20 giugno 2008

sinistrati e ex terroristi a braccetto

L’ex terrorista Renato Curcio presenta un suo libro in un centro sociale a Garbatella, l’assessore al Lavoro della Provincia Massimiliano Smeriglio presenzia all’evento e inevitabilmente scoppia la polemica, innescata dal capogruppo in Regione dei Socialisti riformisti, Donato Robilotta.

Tutto comincia quando il centro sociale «La Strada» decide di organizzare un incontro per presentare «I dannati del lavoro. Vita e lavoro dei migranti su sospensione del diritto e razzismo culturale». L’autore, come detto, è Renato Curcio, tra i fondatori delle Brigate rosse, tornato definitivamente in libertà dal 1998. E alla presentazione conferma la sua partecipazione Smeriglio. Segretario della federazione romana di Rifondazione comunista, assessore al Lavoro nella giunta Zingaretti a Palazzo Valentini e di casa a Garbatella, visto che per cinque anni Smeriglio è stato presidente proprio dell’XI municipio.

Ma il feeling tra l’ex terrorista e l’assessore è destinato a fare rumore. Già nel primo pomeriggio arriva la velenosa nota di Robilotta: «Trovo veramente imbarazzante - scrive l’esponente socialista - che un membro della giunta provinciale di Roma, guidata dal presidente Zingaretti, come l’assessore Massimiliano Smeriglio, possa partecipare alla presentazione del libro di Renato Curcio, ex terrorista e fondatore delle Brigate rosse. Credo sia giusto e opportuno che il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, prenda le distanze da un gesto che rappresenta una inaccettabile provocazione».

Ma l’assessore al Lavoro Smeriglio replica a stretto giro di posta e fa spallucce. «Sono stato invitato a partecipare alla presentazione del libro e ci andrò. È strano questo garantismo degli ex socialisti solo con i forti. Renato Curcio è un uomo libero, fa il sociologo e non capisco dove sia il problema», sibila Smeriglio, che poi entra nel merito per difendere la sua scelta. «È un libro che parla di lavoro, dei suoi drammi e insicurezze - prosegue il segretario romano del Prc - e io sono assessore provinciale al lavoro. La mia presenza è giusta».


«Il lavoro e la formazione in Italia sono troppo importanti per vivere la commistione ideologica che l’assessore Smeriglio oggi ci propone», commenta De Angelis esponente del Pdl a Palazzo Valentini,. «Rappresentare il lavoro e la formazione - continua - significa trattare con un mondo vasto che va dalle imprese ai lavoratori e che poco, secondo me, ha a che vedere con le occupazioni, i centri sociali e gli ex terroristi che dopo aver pagato il loro pegno con la giustizia dovrebbero quantomeno ritirarsi a vita privata».

lunedì 16 giugno 2008


L'IRLANDA DICE NO ALL'UNIONE EUROPEA.

Quella del presidente della repubblica Napolitano sul voto irlandese è, con il dovuto rispetto per l’istituzione che rappresenta, un’esternazione fuori luogo e fuori misura. lascio ai politologi ulteriori interpretazioni.

Ad una persona di media intelligenza basterebbe considerare che l'Irlanda ha espresso la volontà di 700 mila persone, non di tutto l’universo.

Bene ha fatto quindi Maurizio Gasparri a interpretare il dissenso irlandese nella sua giusta prospettiva: occorre riconsiderare criticamente il ruolo dell’apparato burocratico europeo che, soprattutto su materie economiche, ormai non esprime più la volotà popolare ma solo la volontà di tecnocrati.

giovedì 12 giugno 2008

DAL “PACCO” SICUREZZA DI VELTRONI AL PACCHETTO SICUREZZA

LE NUOVE MISURE CONTRO L'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA.

Permanenza massima di sei mesi nei centri di permanenza temporanea e assistenza (Cpt), prorogabili fino a diciotto in casi eccezionali. È questa una delle novità più significative dell'accordo raggiunto in ambito Unione europea in materia di rimpatrio di extracomunitari clandestini. Il ministro degli interni sloveno Dragutil Mate, presidente di turno della UE, ha affermato che la bozza di direttiva «è un buon compromesso tra il principio del rimpatrio degli immigrati illegali nei loro paesi d'origine e la tutela dei diritti fondamentali delle persone». Si tratta di un lavoro che era partito anni fa e che ha visto estenuanti negoziati con il Consiglio europeo, l'Europarlamento e la Commissione. Il voto finale è previsto per la prima settimana di giugno.

LE VERITA' NASCOSTE SULLA PRASSI VIGENTE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

In Italia la legge Bossi-Fini prevede che il periodo massimo di reclusione in attesa di rimpatrio sia di trenta giorni prorogabile di ulteriori trenta (fino a sessanta).

Come è noto, il precedente governo di centrosinistra, nonostante proclami preelettorali, non ha inciso -se non in senso peggiorativo- sulla materia: il tristemente noto pacchetto sicurezza ( che sarebbe più corretto definire pacco sicurezza, alla luce dei recenti avvenimenti) ha infatti prodotto risultati molto scarsi: secondo i dati ufficiali della Prefettura di Roma, i rimpatri coatti dei clandestini socialmente pericolosi si contano in numero inferiore al centinaio di unità.

A dimostrazione di quanto siano state velleitarie queste misure di contrasto si devono anche ricordare le direttive e le circolari varate dalla precedente amministrazione del Ministero degli interni che, sulla scorta di un'asserita umanizzazione del trattamento detentivo dell'irregolare, hanno di fatto allargato le maglie del controllo dell'immigrazione clandestina.

Per sgombrare il campo da equivoci e per fornire una lettura obiettiva e non ideologica della questione, è bene chiarire che a seguito dell'approvazione del Trattato di Schengen (di cui l'Italia è firmataria) già da tempo è previsto un doppio binario di trattamento per le persone che circolano e risiedono in Europa: libera circolazione per i cittadini comunitari, controllo effettivo e serio di identità per gli extracomunitari, previa regolamentazione del loro accesso.

Oggi, la permanenza coatta nei Cpt è prevista per coloro i quali vengono fermati in uno dei 27 paesi dell'Unione senza permesso di soggiorno e hanno una nazionalità incerta che non consente l'espulsione immediata. Il periodo di detenzione è funzionale all'accertamento dell'identità.

A legislazione vigente, dunque, non si capisce quindi il senso di polemiche del tutto strumentali sull'asserita natura “razzista e xenofoba” della normativa Bossi Fini (che tra l'altro è solo una modifica della precedente normativa, la Turco-Napolitano..dice niente il nome?).

Infine, non bisogna dimenticare che sono sempre gli strumenti internazionali (la c.d., Convenzione di Dublino) a rendere assolutamente necessario il trattenimento dello straniero apolide o richiedente asilo politico, proprio in virtù di esigenze procedimentali (il Paese competente ad esaminare la domanda di asilo è individuato secondo un criterio logico e cronologico, cioè è il primo Paese comunitario al quale accede il richiedente asilo, al netto dei transiti) e sostanziali ( il trattenimento serve a valutare la sua posizione giuridica e accertare la sua identità, prima che possa essere esaminato dalla competente commissione per il riconoscimento dello status (in Italia, la Commissione è incardinata presso i maggiori UTG).

Inoltre, sempre de iure condito, occorre ribadire che sempre gli strumenti internazionali distinguono nettamente il migrante economico (che costituisce circa il 90 % dell'immigrazione irregolare che approda nel nostro Paese) da altre figure di migranti legati a ragioni molto più gravi: la Bossi Fini prevede già (sia pure in nuce) meccanismi di tutela dei soggetti che fuggono da persecuzioni politiche o razziali (comunque non per motivi economici).

L'Unione europea, dunque, con la direttiva di prossima emanazione, ha semplicemente ritenuto necessario andare alla ricerca di regole comuni per evitare trattamenti eccessivamente diversificati.

IMMIGRAZIONE E CRIMINALITA'

La questione immigrazione è oggi anche in Italia al centro dell'attenzione politica nazionale, declinata come questione criminale. Tra coloro che commettono più reati vi sono senza dubbio alcuno i c.d. Neo comunitari: i cittadini i rumeni.

Nell'anno passato, 16.558 sono stati i furti commessi dai rumeni, 1.723 le rapine. Altissimo è anche il numero di denunce per lesioni dolose, ossia 1.872.

Nella triste graduatoria di reati commessi da immigrati i rumeni sono immediatamente seguiti dai marocchini con 3.333 furti, 1.254 rapine.

Degno di attenzione è anche il sistema penitenziario italiano, per vedere quali sono le nazionalità più rappresentate. I marocchini sono al primo posto con 3.804 detenuti, pari a oltre il 20% del totale della popolazione detenuta straniera. Seguono i rumeni con 2.636 presenze e gli albanesi con 2.235. In crescita la pattuglia cinese con 258 detenuti.

In termini percentuali, dunque, gli stranieri commettono principalmente crimini contro il patrimonio (29% del totale dei reati commessi da non italiani) e in violazione della legge sugli stupefacenti (24,8% del totale). In quest'ultimo caso si tratta di violazioni percentualmente doppie rispetto a quelle degli italiani. Il 19,2% dei delitti commessi da immigrati riguarda reati contro la persona (omicidi, lesioni, violenze sessuali).

Ne consegue che non è vero che la legge Bossi Fini produce nuovi detenuti, perché solo il 4,8% degli stranieri è in carcere per violazione della legge sull'immigrazione.

LA DOPPIA FACCIA DEI "SINISTRATI"


Finalmente, ieri pomeriggio, si sono svegliati a Roma gli appassionati del corteo di protesta contro le ingiustizie del mondo, i nemici delle dittature, gli amici degli oppressi, gli apostoli della libertà, i firmatari d’ogni possibile appello antifascista. Temevamo fossero evaporati, non avendone notato la presenza e nemmeno l’irruenza nei giorni scorsi, quando pure erano sembrate imperdibili le occasioni per dare sfogo ai loro slanci virtuosi.


La Città Eterna aveva dovuto ospitare, per una assemblea della Fao, alcuni tra i peggiori e più inquietanti attori della scena internazionale. S’era esibito, nel suo risaputo e minaccioso copione, l’iraniano Ahmadinejad: al quale piacerebbe tanto che Israele fosse cancellata - possibilmente in forma cruenta - dalla carta geografica. Nella speranza di veder realizzato questo suo sogno, Ahmadinejad allestisce ordigni atomici. Potrebbero riuscirgli utili.

I romani hanno anche avuto il dubbio privilegio di vedere da vicino quel brutto ceffo che risponde al nome di Robert Mugabe: oppressore e affamatore del suo popolo. Si sono fatti vedere altri tipi poco raccomandabili, il Terzo mondo ne ha un serbatoio pressoché inesauribile. Ma la Roma del «no pasaràn» e del «go home» è rimasta tranquilla, zitta, serena di fronte alla presenza di questi forsennati che dovunque si trovino annunciano sfracelli. I descamisados delle rivoluzioncelle italiche erano tutti impegnati in assalti alle code alla vaccinara anziché ai palazzi del dispotismo.


Ma avevamo dubitato a torto. I nipotini dei «partigiani della pace», che vedevano in Giuseppe Stalin la personificazione della mitezza, si sono riavuti dalla catalessi non appena il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha messo piede a Roma. Subito in piazza, allora. A urlare contro questo potente e prepotente che anziché farsi nominare Capo dello Stato a vita - come è buona consuetudine altrove - tra qualche mese se ne andrà dalla Casa Bianca. Il raduno anti-Bush aveva connotazioni malinconiche: con i trombati dell’estrema sinistra nelle ultime elezioni politiche, con sindacalisti in disarmo, con i soliti dervisci impazziti dei centri sociali. Non sono in particolare sintonia con la politica di Bush, e ammetto che democraticamente lo si contesti. A patto che lo si faccia dopo aver riconosciuto - se si è onesti - che è alla testa d’una vera democrazia, e che governa nella libertà. Sa invece di malafede e di ipocrisia lontano un miglio il comportamento di chi tace al passaggio di tiranni tracotanti e si sente oltraggiato perché il presidente d’un grande Paese alleato è a Roma.

Oltraggiati siamo noi, di fronte a questa doppiezza.