martedì 30 dicembre 2008

l'ultima bufala di Uolter

Qualità della vita, ultimo schiaffo alla Roma di Veltroni

La qualità della vita a Roma peggiora. Lo dice la classifica stilata come ogni anno dal Sole 24 Ore, basata su 36 indicatori suddivisi in sei macroaree (tenore di vita; affari e lavoro; servizi, ambiente e salute; ordine pubblico; popolazione; tempo libero), che registra un pesante arretramento della capitale rispetto alla «pagella» del 2007: allora Roma era ottava, quest’anno è scesa al 28° posto, dietro la capolista Aosta, dietro ad altre 26 città prevalentemente del Nord e a pari merito con Pesaro-Urbino. Una controperformance che - si badi - poco ha a che vedere con il cambio di amministrazione, visto che il grosso dei parametri si riferisce a dati del 2007, quando sindaco era ancora Walter Veltroni. Il declino, insomma, porta il suo marchio.Ma veniamo alle cifre del declassamento. Nella macroarea tenore di vita Roma scende all’11° posto nazionale, conservando - ma è l’unica consolazione - il ruolo di città più ricca del Centro-Sud. Roma è sesta per Pil, terza per depositi bancari, quarta per importo medio delle pensioni, 36ma per consumi familiari, 66ma per inflazione, e ultima (ovvero 103ma) per costo delle case. Nella categoria affari&lavoro, Roma è al 65° posto, penalizzata in particolare dalle imprese chiuse (101° posto) e dai protesti (100°); la capitale galleggia nello spirito d’iniziativa (50°), nella percentuale di chi cerca lavoro (63°) e nella percentuale di giovani occupati (58°) mentre è ottimo il rapporto iscrizioni/cancellazioni alla camera di commercio, dove Roma è addirittura prima in Italia. Passiamo ai servizi: Roma è settima in Italia grazie alle infrastrutture (3°), al clima (29° posto) e alla limitata dispersione scolastica (37°) e malgrado le insufficienze nell’ambiente (70°), nella sicurezza delle strade (96°) e nella velocità della giustizia (75°). Nell’ordine pubblico Roma è molto indietro: 98° posto in Italia (solo Rimini, Milano, Bologna, Genova e Torino stanno peggio), in particolare a cuasa di borseggi e scippi (98°), furti d’auto (102°) e rapine (97°). Va un po’ meglio nei furti in casa (62°) e nei minori denunciati (78°), mentre negativo è anche il trend, che pone Roma al 70° posto in tutta Italia. Quinta macroarea esaminata è quella demografica: qui Roma è al 39° posto: tra gli aspetti negativi un’eccessiva densità di abitanti (100°) e una scarsa natalità (83°), nella norma il rapporto giovani/anziani (47°), mentre Roma si piazza bene nella presenza di stranieri (28°), nelle iscrizioni all’anagrafe in rapporto alle cancellazioni (22°) e nell’investimento in formazione (12°). Infine il tempo libero: qui Roma è al 14° posto, trainato, come tutte le grandi città, dagli acquisti in libreria (4°), da un buona confidenza con il cinema (10°), con le palestre (15°) e con le sale concerto (25°). I romani però vanno poco al ristorante (68°) e fanno pochissimo volontariato (99°).Naturalmente la sinistra ha preso spunto da queste classifiche per criticare la giunta: «Con Alemanno la capitale va in serie B», dice Enzo Foschi, consigliere regionale del Pd. Accusa restituita subito al mittente dal senatore del Pdl Andrea Augello: «Basta leggere con attenzione i dati per scoprire che su 36 indicatori scelti dal quotidiano finanziario ben 28 sono riferiti al 2007. Degli otto rimanenti, tre sono riferibili al 2007-2008, ma anche in questo caso i dodici mesi presi in esame vanno dall’ottobre 2007 al settembre del 2008».

venerdì 28 novembre 2008

Alla Sapienza la destra umilia gli anti Gelmini
Altra battuta d'arresto per la sinistra. Questa volta arriva dal mondo dell'università. Alle votazioni per il rinnovo delle rappresentanze studentesche negli organi colleggiali della Sapienza le liste collegate al mondo di destra hanno avuto la fiducia della maggior parte degli elettori. Otto erano le liste che concorrevano. Si va dai «Collettivi in movimento», lista protagonista dell'Onda di protesta anti-Gelmini, all'«Udu», collegata alla Cgil. Da Azione Universtaria vicina ad An fino ad arrivare a «Lista aperta» legata a Comunione e liberarione passando per «Vento di rinnovamento» sostenuta dal rettore Luigi Frati e «Studenti democratici» lista legata alla Sinistra giovanile (Pd). Infine «I Corvi» ala umanistica dell'Ateneo e «Sapienza in movimento», lista legata al mondo ambientalista.
Si è espresso il 10,6% per cento degli aventi diritto, pari a 13.348 votanti, superando il quorum che consente di avere la rappresentanza piena degli studenti negli organi collegiali centrali. Anche se i risultati ufficiali si sapranno solamente la prossima settimana, la tendenza vede in netto vantaggio le liste di destra. In testa «Vento di cambiamento» che ha ottenuto nella elezione per il rinnovo della rappresentanza studentesca nel Cda 3081 voti, seguita da «Lista aperta» con 2015 e da Azione Universitaria 1713.
Non sono state sufficienti quindi né le mobilitazioni di piazza né tantomeno le giornate di occupazione dell'Ateneo per convincere l'elettorato a votare le liste di lotta. La maggior parte degli studenti hanno preferito quelle riconducibili al centrodestra. Un risultato che, secondo il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, «dimostra come la maggioranza degli studenti condividono le iniziative intraprese sinora dal governo e non si fanno convincere dalle troppe mistificazioni messe in atto dall'opposizione». Affermazione subito ribattuta da Pina Picierno, ministro ombra Pd delle Politiche giovanili: «È inaccettabile che il ministro Meloni strumentalizzi il voto degli studenti, interpretandolo come condivisione delle iniziative del governo».
Intanto il Rettore Frati ha espresso la propria soddisfazione per il clima di ordinata competizione elettorale, cosa invece contestata dai Collettivi che denunciano: «È stato uno scandalo baronal-clientelare. Abbiamo assistito alle peggiori irregolarità».

martedì 25 novembre 2008

LA NOTTE BIANCA DI VENDOLA: COI SOLDI DEGLI ALTRI

Una faraonica «notte bianca» per il più «rosso» dei governatori italiani. Oltre sei milioni di euro, più di ogni altra grande manifestazione organizzata nel Paese, per tre soli giorni di ludiche kermesse in terra di Puglia. Si tratta di quattrini dell’Unione Europea stanziati dalla Regione guidata da Nichi Vendola attraverso i fondi Por. Soldi, tantissimi soldi, destinati a rivitalizzare il turismo, che spariranno però nel giro di tre giorni, appunto, fra il 5 e il 7 dicembre. In un solo, gigantesco evento. Un’esagerazione senza precedenti, tanto che persino la Cgil definisce «ignobile» la scelta della Regione.Previsti spettacoli ed eventi di ogni genere come in tante altre città. Solo che se si fa il confronto con gli altri grandi eventi sparsi per il Paese, i conti non tornano. Perché, ad esempio, per la prima, pirotecnica, notte Bianca romana voluta da Walter Veltroni, il denaro speso è stato di tre milioni di euro. Meno della metà di quella «vendoliana», ma pur sempre troppo se paragonata a quella milanese del 2004, per la quale il Comune ha tirato fuori solo 175mila euro (il resto proveniva da altre fonti, sponsor, eccetera).Quella pugliese, ribattezzata «Night parade», sembra destinata a passare ai posteri come la più cara della storia. Più cara del Carnevale di Venezia, che costa 1 milione e 100mila euro; più cara di Umbria Jazz, per la quale non si spendono più di tre milioni e mezzo a fronte di una durata non di tre giorni bensì di quindici. Meno cara solo dell’irraggiungibile «Festival del film» di Roma, che però quest’anno con Alemanno ha avuto una riduzione del budget passando da 17,6 milioni a 15,5.L’intera somma che la Puglia ha stanziato per la Notte Bianca sarà gestita dal Teatro pubblico pugliese, che ha ottenuto l'onere e l’onore senza dover superare la difficoltà di un bando pubblico. Quasi tre milioni di euro sono destinati al pagamento degli artisti, 180mila per Baglioni e Venditti, mentre per il solo Cirque du Soleil saranno spesi 800mila euro. Inoltre, a parte i 400mila euro destinati agli spettacoli nei comuni «minori», saranno utilizzati 1 milione di euro per «servizi di produzione e fitti», 180mila euro per «logistica e trasferimenti», 240mila euro per la Siae, 540mila per «il coordinamento generale e organizzazione», 96mila per «spese di gestione organizzativa», 18mila di assicurazione e 600mila euro per la promozione pubblicitaria. Il presidente del Teatro pubblico, Carmelo Grassi, non nega l'enormità della spesa complessiva, ma la giustifica: «Certo, i costi sono molto elevati ma saranno comunque documentati (...). Si può non essere d'accordo, ma bisogna verificare se sarebbe stato possibile utilizzare quei fondi in modo diverso». A non essere per niente d'accordo è appunto la Cgil: «Il sindacato protesta per la gestione di questa vicenda che è ignobile - spiega Antonio Fuiano, coordinatore regionale della Slc-Cgil -, non siamo stati né coinvolti né informati e non c'è alcuna possibilità di controllo sulle spese». Le critiche del sindacato prendono di mira anche un altro fronte: «Solo il 20 per cento delle risorse sarà utilizzato a beneficio delle compagnie della regione, mentre il resto dei soldi finiranno fuori. E poi, in un momento in cui il Mezzogiorno fa una battaglia per qualificare la spesa pubblica, noi ci permettiamo di utilizzare così il denaro pubblico? Le cifre mi sembrano francamente eccessive, anche a fronte del pericolo che quei soldi vadano persi». C'è poi chi si chiede perché organizzare un’altra Notte Bianca in pieno inverno e per quale motivo non ci si è concentrati sugli investimenti privati, così come avvenuto altrove in occasione simili. Massimo Ostillio, assessore al Turismo, non ha invece ripensamenti: «Da uno studio in nostro possesso emerge che per ogni euro speso dalla Regione, ne torneranno sul territorio 22. La cifra è elevata, vero, ma va considerata come una cifra di massima».

lunedì 24 novembre 2008

la sinistra perde pezzi e la faccia. dal pizzino di la torre alla coda alla vaccinara di di carlo

Qual è il filo rosso che lega la torre a di carlo? semplice, l'attaccamento alla poltrona.
non è neanche passata la bufera per il pizzino passato da la torre (PD, area dalemiana) a italo bocchino per mettere in difficoltà Donadi su otto e mezzo, che subito dopo a report del 23 novembre, appare un assessore regionale (Di carlo, PD) rivelare il suo vero volto di affarista alla Franco Evangelisti (storico braccio destro del divo giulio).
Di carlo, infatti, a telecamere -apparentemente- spente, dà il meglio di sè, e si prodiga in spiegazioni molto illuminanti su quale sia la sostanza del suo rapporto che lo lega all'imprenditore avvocato ( o avvocato-imprendiore) che gestisce il gassificatore di Malagrotta, recentemente posto sotto sequestro dalla magistratura penale di Roma.
per quanto le sue rivelazioni non possano certo fondare accuse penali, e volendo pure credere alla sua buona fede, da garantisti quali siamo non sollecitiamo certo la gogna o la galera nè le manette, ma pretendiamo che venga restituita una parvenza di dignità alla politica italiana.
Perciò chiediamo che il presidente Marrazzo non respinga democristianamente le sue dimissioni ma invece imponga le dimissioni di questo figuro da tutte le cariche accordategli.
La politica, specie quella dei rifiuti, non può essere gestita da personaggi di questa risma.E' ora di dire 'basta'

giovedì 23 ottobre 2008

La scuola si conferma il terreno scelto dalla sinistra per attaccare il governo Berlusconi, l’ultima spiaggia per cercare di mettere in difficoltà chi sta bene governando. La loro tattica rimane la solita: spacciare falsità a ripetizione, obbligando noi e il governo a cercare di smentirle: occupare le scuole e cercare di allargare la protesta portando oltre la legalità le iniziative di protesta, allo scopo di cercare l’attenzione dei media e di provocare ulteriore confusione. Da ultimo rifugiarsi nel vittimismo se il premier Berlusconi dichiara di voler tutelare la libertà di quanti vogliono continuare a studiare e a lavorare in pace oppure se i carabinieri respingono una manifestazione non autorizzata prima che blocchi una stazione ferroviaria, come avvenuto due giorni fa a Milano. Politicizzazione, falsità, vittimismo: la tattica della sinistra non cambia mai.E’ necessario reagire, con la forza della verità.

venerdì 17 ottobre 2008

Questa settimana la sinistra ha intensificato il suo attacco contro le misure per cambiare la scuola introdotte dal nostro governo. Il metodo è sempre lo stesso: ci attribuiscono intenzioni che non abbiamo (abolizione tempo pieno e bimbi a casa alle 12.30, licenziamento insegnanti, riduzione insegnanti di sostegno, ecc.), le spacciano per realtà per terrorizzare le famiglie e le usano per mobilitare la "tradizionale" massa di manovra composta degli studenti delle superiori e delle università. E quando, l'anno prossimo, si vedrà che il tempo pieno è rimasto, che è stato potenziato grazie alla redistribuzione degli insegnanti, che nessuno è stato licenziato e che i posti di sostegno sono gli stessi, diranno che è merito loro e della loro battaglia contro il governo e si inventeranno qualcosa d'altro per continuare a usare la scuola come campo di battaglia politica.

Cercano di recuperare a scuola il consenso che non hanno più nel Paese, con ogni mezzo. Da qui l'accusa di essere razzisti, dopo la mozione approvata alla Camera a proposito delle classi di inserimento per far imparare l'italiano ai bambini stranieri prima di includerli nelle classi ordinarie.
una serie di misure di buon senso, già in vigore per esempio in Germania, Francia e Spagna e che tutelano in primo luogo i bambini: eppure la sinistra e i media compiacenti le hanno usate per polemiche e accuse infamanti.

Tutto questo avviene nei giorni in cui il nostro premier Berlusconi e il ministro Tremonti confermano il ritrovato ruolo guida dell'Italia in Europa e nel rapporto con gli USA. Lo hanno dimostr ato i risultati delle conferenze internazionali degli ultimi otto giorni.
Autorevole sulla scena internazionale nella scelta delle misure condivise per fronteggiare la crisi finanziaria globale, sul fronte interno il governo ha predisposto in una settimana due decreti legge per tutelare i risparmi delle famiglie, l'attività delle imprese grandi e piccole, la stabilità del sistema bancario italiano.

In buona sostanza, c'è chi è al lavoro per costruire e chi invece continua solamente a cercare di distruggere. A noi spetta il compito di far capire agli italiani da che parte è giusto stare, per il bene di tutti.

martedì 9 settembre 2008

rifondaroli terroristi? o semplicemente fiancheggiatori?

E' di qualche giorno fa la notizia, pubblicata sul quotidiano la Repubblica, secondo cui alcuni alti dirigenti del Partito della Rifondazione Comunista avrebbero dato un aiutino ad alcuni personaggi legati alle FARC, organizzazione terroristica sudamericana legata al sequestro della francese Ingrid Betancourt.

l'aiutino sarebbe consistito, secondo il giornalista di Repubblica, nel dare ospitalità in Italia a qualcuno dei suoi esponenti.

era noto da tempo l'antipatriottismo dei figuri chiamati a dirigere questo pseudo partito, soprattutto in momenti bui (per loro) come questo. come dimenticare le formidabili dichiarazioni della senatrice Menapace che voleva addirittura sopprimere le Frecce Tricolori!!!

tuttavia, anche a noi -abituati a ben altre nefandezze da parte di tutti questi soggetti, presunti difensori dei poveri- la notizia ha sorpreso abbastanza..

Solo tre settimane fa, il 18 agosto, le Farc colombiane hanno fatto esplodere una bomba in un’affollata strada di Ituango, nella regione di Antioquia, durante una festa tradizionale. Sono morte sette persone, fra cui alcuni bambini, e 52 sono rimaste ferite. Un normale atto di guerriglia per l’organizzazione paramilitare comunista nata a metà degli anni sessanta. Il reclutamento forzato di bambini soldato, la disseminazione di mine antiuomo, il rapimento e l’assassinio di civili, l’eliminazione fisica di candidati ed eletti, gli attentati dinamitardi, il narcotraffico, rientrano nella normale attività di guerriglia dell’organizzazione.
Le Farc non sono l’unica minaccia per i diritti civili e politici dei colombiani. I gruppi paramilitari, sorti illegalmente per combattere la guerriglia comunista, e legati a frazioni importanti del governo e del parlamento colombiano (più di un quinto dei membri del congresso è sotto inchiesta per questo motivo e 30 di loro hanno conosciuto il carcere) hanno nel corso degli anni commesso centinaia di omicidi mirati, specie contro sindacalisti, e sono come le Farc legati al traffico internazionale di cocaina; l’esercito ufficiale è accusato di decine di esecuzioni extragiudiziali; lo stesso governo Uribe, che pure ha ottenuto successi importanti nella lotta al terrorismo, e sembra sinceramente intenzionato a rafforzare la debole democrazia colombiana riducendo il potere dei paramilitari, resta ostaggio di una maggioranza politica basata anche sul loro sostegno elettorale.

Le Farc non sono soltanto un’organizzazione terroristica di matrice ideologica come le Brigate Rosse, questo è chiaro a tutti, e non ci servono le spiegazioni dei leader di Rifondazione Comunista per capirlo. Ma sono un’organizzazione terroristica, che si alimenta del narcotraffico, pratica metodicamente l’omicidio, la rapina, lo stupro e l’attentato. Il loro palmarès si fregia di decine di migliaia di cittadini colombiani assassinati, di migliaia di persone rapite, di decine di città saccheggiate, di decine di attentati terroristici contro obiettivi civili, dell’uso di armi chimiche, di assalti a ospedali e ambulanze, dell’esodo forzato di oltre due milioni di persone, della distruzione di 98 mila acri di foresta per piantarvi i semi di coca e produrre cocaina trafficata a tonnellate. E’ un’organizzazione che ha nel corso degli anni perduto ogni ragion d’essere ideale o politica, riducendosi oggi a replicare sotto la maschera del comunismo gli orrori del militarismo più spietato e dell’affarismo mafioso, per la cui conservazione si è reso necessario il sistematico sabotaggio di ogni progresso democratico.

Il sostegno dato alle Farc da Rifondazione è ingiustificato e moralmente oltre che politicamente riprovevole. Il fatto che si sia svolto alla luce del sole, come affermano oggi i dirigenti del partito, seppure fosse dimostrato - come dubito sarà- non cambierebbe la realtà di una scelta politica a favore del crimine e del terrore. E la doppiezza mostrata in tutti gli anni in cui RC è stata al governo del paese e del comune di Roma – spettacolari manifestazioni di solidarietà per Ingrid Betancourt, segreto concorso alla laboriosa brutalità dei suoi aguzzini - è un’eredità stalinista che contraddice ogni pretesa svolta anche soltanto non violenta. Di fronte ai conati di violenza fascista che si manifestano oggi a Roma, e al rischio che ne nasca una nuova spirale di odio, il fatto che una parte importante della sinistra ufficiale italiana sia ancora accecata dal mito e dai dogmi della violenza politica costituisce un ulteriore pericolo che non va sottovalutato.

venerdì 20 giugno 2008

sinistrati e ex terroristi a braccetto

L’ex terrorista Renato Curcio presenta un suo libro in un centro sociale a Garbatella, l’assessore al Lavoro della Provincia Massimiliano Smeriglio presenzia all’evento e inevitabilmente scoppia la polemica, innescata dal capogruppo in Regione dei Socialisti riformisti, Donato Robilotta.

Tutto comincia quando il centro sociale «La Strada» decide di organizzare un incontro per presentare «I dannati del lavoro. Vita e lavoro dei migranti su sospensione del diritto e razzismo culturale». L’autore, come detto, è Renato Curcio, tra i fondatori delle Brigate rosse, tornato definitivamente in libertà dal 1998. E alla presentazione conferma la sua partecipazione Smeriglio. Segretario della federazione romana di Rifondazione comunista, assessore al Lavoro nella giunta Zingaretti a Palazzo Valentini e di casa a Garbatella, visto che per cinque anni Smeriglio è stato presidente proprio dell’XI municipio.

Ma il feeling tra l’ex terrorista e l’assessore è destinato a fare rumore. Già nel primo pomeriggio arriva la velenosa nota di Robilotta: «Trovo veramente imbarazzante - scrive l’esponente socialista - che un membro della giunta provinciale di Roma, guidata dal presidente Zingaretti, come l’assessore Massimiliano Smeriglio, possa partecipare alla presentazione del libro di Renato Curcio, ex terrorista e fondatore delle Brigate rosse. Credo sia giusto e opportuno che il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, prenda le distanze da un gesto che rappresenta una inaccettabile provocazione».

Ma l’assessore al Lavoro Smeriglio replica a stretto giro di posta e fa spallucce. «Sono stato invitato a partecipare alla presentazione del libro e ci andrò. È strano questo garantismo degli ex socialisti solo con i forti. Renato Curcio è un uomo libero, fa il sociologo e non capisco dove sia il problema», sibila Smeriglio, che poi entra nel merito per difendere la sua scelta. «È un libro che parla di lavoro, dei suoi drammi e insicurezze - prosegue il segretario romano del Prc - e io sono assessore provinciale al lavoro. La mia presenza è giusta».


«Il lavoro e la formazione in Italia sono troppo importanti per vivere la commistione ideologica che l’assessore Smeriglio oggi ci propone», commenta De Angelis esponente del Pdl a Palazzo Valentini,. «Rappresentare il lavoro e la formazione - continua - significa trattare con un mondo vasto che va dalle imprese ai lavoratori e che poco, secondo me, ha a che vedere con le occupazioni, i centri sociali e gli ex terroristi che dopo aver pagato il loro pegno con la giustizia dovrebbero quantomeno ritirarsi a vita privata».

lunedì 16 giugno 2008


L'IRLANDA DICE NO ALL'UNIONE EUROPEA.

Quella del presidente della repubblica Napolitano sul voto irlandese è, con il dovuto rispetto per l’istituzione che rappresenta, un’esternazione fuori luogo e fuori misura. lascio ai politologi ulteriori interpretazioni.

Ad una persona di media intelligenza basterebbe considerare che l'Irlanda ha espresso la volontà di 700 mila persone, non di tutto l’universo.

Bene ha fatto quindi Maurizio Gasparri a interpretare il dissenso irlandese nella sua giusta prospettiva: occorre riconsiderare criticamente il ruolo dell’apparato burocratico europeo che, soprattutto su materie economiche, ormai non esprime più la volotà popolare ma solo la volontà di tecnocrati.

giovedì 12 giugno 2008

DAL “PACCO” SICUREZZA DI VELTRONI AL PACCHETTO SICUREZZA

LE NUOVE MISURE CONTRO L'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA.

Permanenza massima di sei mesi nei centri di permanenza temporanea e assistenza (Cpt), prorogabili fino a diciotto in casi eccezionali. È questa una delle novità più significative dell'accordo raggiunto in ambito Unione europea in materia di rimpatrio di extracomunitari clandestini. Il ministro degli interni sloveno Dragutil Mate, presidente di turno della UE, ha affermato che la bozza di direttiva «è un buon compromesso tra il principio del rimpatrio degli immigrati illegali nei loro paesi d'origine e la tutela dei diritti fondamentali delle persone». Si tratta di un lavoro che era partito anni fa e che ha visto estenuanti negoziati con il Consiglio europeo, l'Europarlamento e la Commissione. Il voto finale è previsto per la prima settimana di giugno.

LE VERITA' NASCOSTE SULLA PRASSI VIGENTE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

In Italia la legge Bossi-Fini prevede che il periodo massimo di reclusione in attesa di rimpatrio sia di trenta giorni prorogabile di ulteriori trenta (fino a sessanta).

Come è noto, il precedente governo di centrosinistra, nonostante proclami preelettorali, non ha inciso -se non in senso peggiorativo- sulla materia: il tristemente noto pacchetto sicurezza ( che sarebbe più corretto definire pacco sicurezza, alla luce dei recenti avvenimenti) ha infatti prodotto risultati molto scarsi: secondo i dati ufficiali della Prefettura di Roma, i rimpatri coatti dei clandestini socialmente pericolosi si contano in numero inferiore al centinaio di unità.

A dimostrazione di quanto siano state velleitarie queste misure di contrasto si devono anche ricordare le direttive e le circolari varate dalla precedente amministrazione del Ministero degli interni che, sulla scorta di un'asserita umanizzazione del trattamento detentivo dell'irregolare, hanno di fatto allargato le maglie del controllo dell'immigrazione clandestina.

Per sgombrare il campo da equivoci e per fornire una lettura obiettiva e non ideologica della questione, è bene chiarire che a seguito dell'approvazione del Trattato di Schengen (di cui l'Italia è firmataria) già da tempo è previsto un doppio binario di trattamento per le persone che circolano e risiedono in Europa: libera circolazione per i cittadini comunitari, controllo effettivo e serio di identità per gli extracomunitari, previa regolamentazione del loro accesso.

Oggi, la permanenza coatta nei Cpt è prevista per coloro i quali vengono fermati in uno dei 27 paesi dell'Unione senza permesso di soggiorno e hanno una nazionalità incerta che non consente l'espulsione immediata. Il periodo di detenzione è funzionale all'accertamento dell'identità.

A legislazione vigente, dunque, non si capisce quindi il senso di polemiche del tutto strumentali sull'asserita natura “razzista e xenofoba” della normativa Bossi Fini (che tra l'altro è solo una modifica della precedente normativa, la Turco-Napolitano..dice niente il nome?).

Infine, non bisogna dimenticare che sono sempre gli strumenti internazionali (la c.d., Convenzione di Dublino) a rendere assolutamente necessario il trattenimento dello straniero apolide o richiedente asilo politico, proprio in virtù di esigenze procedimentali (il Paese competente ad esaminare la domanda di asilo è individuato secondo un criterio logico e cronologico, cioè è il primo Paese comunitario al quale accede il richiedente asilo, al netto dei transiti) e sostanziali ( il trattenimento serve a valutare la sua posizione giuridica e accertare la sua identità, prima che possa essere esaminato dalla competente commissione per il riconoscimento dello status (in Italia, la Commissione è incardinata presso i maggiori UTG).

Inoltre, sempre de iure condito, occorre ribadire che sempre gli strumenti internazionali distinguono nettamente il migrante economico (che costituisce circa il 90 % dell'immigrazione irregolare che approda nel nostro Paese) da altre figure di migranti legati a ragioni molto più gravi: la Bossi Fini prevede già (sia pure in nuce) meccanismi di tutela dei soggetti che fuggono da persecuzioni politiche o razziali (comunque non per motivi economici).

L'Unione europea, dunque, con la direttiva di prossima emanazione, ha semplicemente ritenuto necessario andare alla ricerca di regole comuni per evitare trattamenti eccessivamente diversificati.

IMMIGRAZIONE E CRIMINALITA'

La questione immigrazione è oggi anche in Italia al centro dell'attenzione politica nazionale, declinata come questione criminale. Tra coloro che commettono più reati vi sono senza dubbio alcuno i c.d. Neo comunitari: i cittadini i rumeni.

Nell'anno passato, 16.558 sono stati i furti commessi dai rumeni, 1.723 le rapine. Altissimo è anche il numero di denunce per lesioni dolose, ossia 1.872.

Nella triste graduatoria di reati commessi da immigrati i rumeni sono immediatamente seguiti dai marocchini con 3.333 furti, 1.254 rapine.

Degno di attenzione è anche il sistema penitenziario italiano, per vedere quali sono le nazionalità più rappresentate. I marocchini sono al primo posto con 3.804 detenuti, pari a oltre il 20% del totale della popolazione detenuta straniera. Seguono i rumeni con 2.636 presenze e gli albanesi con 2.235. In crescita la pattuglia cinese con 258 detenuti.

In termini percentuali, dunque, gli stranieri commettono principalmente crimini contro il patrimonio (29% del totale dei reati commessi da non italiani) e in violazione della legge sugli stupefacenti (24,8% del totale). In quest'ultimo caso si tratta di violazioni percentualmente doppie rispetto a quelle degli italiani. Il 19,2% dei delitti commessi da immigrati riguarda reati contro la persona (omicidi, lesioni, violenze sessuali).

Ne consegue che non è vero che la legge Bossi Fini produce nuovi detenuti, perché solo il 4,8% degli stranieri è in carcere per violazione della legge sull'immigrazione.

LA DOPPIA FACCIA DEI "SINISTRATI"


Finalmente, ieri pomeriggio, si sono svegliati a Roma gli appassionati del corteo di protesta contro le ingiustizie del mondo, i nemici delle dittature, gli amici degli oppressi, gli apostoli della libertà, i firmatari d’ogni possibile appello antifascista. Temevamo fossero evaporati, non avendone notato la presenza e nemmeno l’irruenza nei giorni scorsi, quando pure erano sembrate imperdibili le occasioni per dare sfogo ai loro slanci virtuosi.


La Città Eterna aveva dovuto ospitare, per una assemblea della Fao, alcuni tra i peggiori e più inquietanti attori della scena internazionale. S’era esibito, nel suo risaputo e minaccioso copione, l’iraniano Ahmadinejad: al quale piacerebbe tanto che Israele fosse cancellata - possibilmente in forma cruenta - dalla carta geografica. Nella speranza di veder realizzato questo suo sogno, Ahmadinejad allestisce ordigni atomici. Potrebbero riuscirgli utili.

I romani hanno anche avuto il dubbio privilegio di vedere da vicino quel brutto ceffo che risponde al nome di Robert Mugabe: oppressore e affamatore del suo popolo. Si sono fatti vedere altri tipi poco raccomandabili, il Terzo mondo ne ha un serbatoio pressoché inesauribile. Ma la Roma del «no pasaràn» e del «go home» è rimasta tranquilla, zitta, serena di fronte alla presenza di questi forsennati che dovunque si trovino annunciano sfracelli. I descamisados delle rivoluzioncelle italiche erano tutti impegnati in assalti alle code alla vaccinara anziché ai palazzi del dispotismo.


Ma avevamo dubitato a torto. I nipotini dei «partigiani della pace», che vedevano in Giuseppe Stalin la personificazione della mitezza, si sono riavuti dalla catalessi non appena il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha messo piede a Roma. Subito in piazza, allora. A urlare contro questo potente e prepotente che anziché farsi nominare Capo dello Stato a vita - come è buona consuetudine altrove - tra qualche mese se ne andrà dalla Casa Bianca. Il raduno anti-Bush aveva connotazioni malinconiche: con i trombati dell’estrema sinistra nelle ultime elezioni politiche, con sindacalisti in disarmo, con i soliti dervisci impazziti dei centri sociali. Non sono in particolare sintonia con la politica di Bush, e ammetto che democraticamente lo si contesti. A patto che lo si faccia dopo aver riconosciuto - se si è onesti - che è alla testa d’una vera democrazia, e che governa nella libertà. Sa invece di malafede e di ipocrisia lontano un miglio il comportamento di chi tace al passaggio di tiranni tracotanti e si sente oltraggiato perché il presidente d’un grande Paese alleato è a Roma.

Oltraggiati siamo noi, di fronte a questa doppiezza.

venerdì 2 maggio 2008

PARERE LEGALE SULLA PUBBLCAZIONE ON LINE DELLE LISTE DEI CONTRIBUENTI




In merito alla recente iniziativa dell'Agenzia delle Entrate di pubblicare sul proprio sito istituzionale le dichiarazioni dei redditi 2005 di tutti i contribuenti italiani, il sottoscritto esplicita il proprio parere.


La normativa di riferimento è il d.P.R. 600/1973: l'iniziativa sembrerebbe giustificata dall'attuale art. 69 del D.P.R. n. 600/1973. Ma, ad una piu' attenta interpretazione della norma, ci si rende conto che l'Agenzia delle Entrate è' andata al di la' del proprio compito istituzionale.


Difatti l'art. 69 d.p.r. cit. sancisce chiaramente, al comma 1, che "il Ministro delle Finanze dispone annualmente la pubblicazione degli elenchi (NON DEI REDDITI) dei contribuenti il cui reddito imponibile e' stato accertato dagli uffici delle imposte dirette e di quelli sottoposti a controlli globali a sorteggio a norma delle vigenti disposizioni nell'ambito dell'attivita' di programmazione svolta dagli uffici nell'anno precedente"


Quindi, la pubblicazione viene limitata a determinati casi (e comunque limitata ai nominativi), mentre il famigerato comma 4 sostiene che "il centro informativo delle imposte dirette, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, forma per ciascun Comune, gli elenchi nominativi da distribuire agli uffici delle imposte territorialmente competenti" i quali secondo il comma 6 "sono depositati per la durata di 1 anno, ai fini della consultazione da parte di chiunque, sia presso lo stesso ufficio delle imposte sia presso i Comuni interessati".


Appare evidente, quindi, che in questo caso non si parla di pubblicazione, ma di libera consultazione, concetto molto diverso: la pubblicazione su Internet equivale ad una vera e propria diffusione dei dati non consentita, uno sharing, per usare un termine anglosassone; mentre la consultazione viene limitata a chi ne abbia interesse e ne faccia richiesta esplicita, previa identificazione del richiedente secondo le modalità della legge 241/1990 e s.m.i.


Lo spirito della norma appare chiaro ed e' in questo senso che può lecitamente coniugarsi l'esigenza di trasparenza dell'azione amministrativa con la necessita' di tutela la privacy dei cittadini. Inoltre la norma parla chiaramente di elenchi nominativi senza menzionare minimamente l'entita' dei redditi, cioè la dichiarazione del contribuente.


L'Agenzia delle Entrate, quindi, avrebbe dovuto necessariamente e preventivamente consultare l' Autorita' Garante prima di procedere a tale iniziativa che si reputa sostanzialmente illegittima.


Ulteriore conseguenza è che chi abbia subito danni dal comportamento suddetto, ex art. 2043 c.c., può certamente rivolgersi alla autorità giudiziaria (ordinaria, visto l'illecito dell'Amministrazione), anche in sede penale.


Roma, 2/5/2008